Coltivare le differenze: contro ogni violenza
Coltivare le differenze: questa affermazione parte dalla consapevolezza che già provando a eliminare le differenze che rendono unico e irripetibile l’individuo, così da uniformare l’uno alla massa si sta già perpetrando violenza.
L’individuo è colui che è indiviso che riesce a essere se stesso e rimanere ciò che è in tutte le situazioni che si trova ad affrontare nella sua vita, ma questo essere un unicuum non vuol dire non saper percepire la necessità di costruire una noità che parta dalla necessità d’integrare le differenze che caleidoscopicamente compongono il mondo, in un meltin pot che sia espressione di ogni scheggia del creato.
Da sempre la massa è acefala e segue notoriamente non chi detta le regole del gioco, ma il più delle volte chi riesce a costruire un nemico che sia minaccioso e “altro” da noi.
L’ingroup e l’outgroup non sono solo termini, ma sono modalità di vita che accompagnano tutti, il noi e il loro sono sempre esistiti da quando l’uomo ha iniziato a vivere in-comune; ossia a dotarsi di un compito e un fine che fosse per tutti lo stesso.
Potremmo fare molti esempi di situazioni, anche sperimentali, di gruppi che si sono coesi contro altri gruppi solamente perché all’interno del gruppo è avvenuta una deresponsabilizzazione e una involuzione e una sottomissione al pensiero acritico, un esempio su tutti è l’esperimento della prigione di Stanford del dr. Zimbardo.
Per questo credo che sia importante in questo periodo storico, parlare di come le differenze non vanno annullate, ma bensì amate e accarezzate con gentilezza e garbo per creare un’orchestra, di individualità che arrivano a suonare una magnifica sinfonia.
Certamente è stato un periodo che ha acuito le differenze partendo dalla più banale se vogliamo, ma che banale non è, la fruizione della rete che ha visto in molti casi l’impossibilità o la scarsa possibilità da parte di molti studenti il collegarsi con continuità e profitto,
Potrei continuare con moltissime differenze che si sono palesate con forza, lavoratori uomini, lavoratrici donne, famiglie mono genitoriali, dipendenti, lavoratori autonomi, eterosessuali,omosessuali ect.
Si è venuta a creare una sorta di disgregazione sociale che ci spinge con forza a una monocromia della società dal sapore molto borderline, una modalità d’incapacità a integrare il tutto nel qui e ora della storia leggendo il tempo presente in quello che è il progredire della vita dell’essere umano.
Sant’Agostino diceva che andando avanti si riscrive il nostro passato e il passato di tutti noi è impregnato di mancanze e bisogni insoddisfatti ( sotto certi aspetti è giusto che sia così) e l’essere umano riparte sempre cercando il desiderio che è mancanza di qualcosa di oltre noi, l’essere umano trova la pienezza nella mancanza.
Potremmo dire che nella ripartenza è insita la possibilità di eliminare il mandato che il nostro nome ci impone fin dall’origine della nostra storia come una sorta di fantasma sacrificale che ci obbliga ha ripetere il copione che altri hanno pensato per noi, molte volte nell’impossibilità di affrancarci dall’indifferenziazione che ne segue e che ci trova molte volte disposti a lottare strenuamente per diffendere l’unica “forma” che ci appare più”forte”
Per questo mi permetto di dire che non abbiamo necessità di riempire il nostro mondo di cose e idoli, di chiudere tutte le nostre porte di impedire il passaggio dai nostri confini, di regolare il flusso delle nostre relazioni e di standardizzare tutte le persone che ci circondano per paura di perdere le nostre sicurezze, ma bensì c’è sempre più bisogno di vivere la mancanza, di riconoscere, l’altro da me non come oggetto,ma come soggetto della relazione in cui restare, in cui costruire una dimensione duale e di conseguenza gruppale, con sempre maggiore capacità di riempire la mia mancanza facendo spazio all’altro dentro me.
Credo che sia necessario camminare insieme per costruire una modalità accogliente di confronto e di scoperta del mistero che ognuno di noi porta in sé e davanti al quale è necessario chinare la testa, perchè il mistero necessita sempre di una genuflessione.